giovedì 8 maggio 2008

Tafì del Valle e valle Calchaquíes

Allora, ci provo (senza la minima speranza di restituirvi l'emozione che la natura provoca qui, e che non ha parole che la descrivano).
Faticosa sveglia alle 6 e mezza per non rischiare di fare tardi: la partenza è alle 8.
Il nostro furgoncino è un po' scalcagnato, ma la guida è davvero in gamba e, nonostante faccia da più di 30 anni questo lavoro, molto preso dal suo ruolo. Comincia a spiegarci cose su Tucuman quando ancora siamo in città e tutti abbiamo ancora gli occhi pieni di sonno.
Gli altri amici porzione singola (dai, citazione facile facile, a chi indovina per primo prometto un regalo!) sono tutti argentini: una coppia anziana e due quarantenni di buenos aires, di cui una davvero simpatica.
A parte le varie notizie sulla città e la sua economia, la prima fermata è presso una reduccion gesuita poco fuori Tucuman, San José de Lules. Niente di eccezionale ma l'incontro con la guida/custode locale è stato piuttosto triste, viveva lì sola soletta in una piccola casa accanto alla chiesa, in piena campagna, e nonostante lì siano passati due personaggi importanti della storia argentina, la cronica mancanza di fondi lascia il sito del tutto abbandonato, se non fosse per l'eroica signora.
Continuando, entriamo in un parco regionale che posso solo definire “lussureggiante”. Pur salendo verso i 2000 metri, siamo pur sempre intorno al tropico e le foreste sono, appunto, sub-tropicali. Questa era particolarmente selvaggia, con una vegetazione fittissima che si affacciava nella stretta valle scavata dal Rio de los Sosas.
Naturalmente flora e fauna sono diversi. E' una delle prime cose che ho notato, appena giunto a Buenos Aires, in un parchetto cittadino, che perfino gli uccelli di città facevano altri suoni (piuttosto strani).
Salendo, nel bel mezzo della foresta c'è questo gigantesco monumento all'Indio, che inizialmente era nudo e poi è stato coperto con una specie di gonna. Secondo alcuni perché scandalizzava le signore, secondo altri erano gli uomini a essere invidiosi degli attributi dell'aborigeno.
Poi, un tornante dietro l'altro, improvvisamente la vegetazione scompare e, come per magia, si arriva sull'altipiano, dove il paesaggio cambia completamente.
Clima da pre-puna, cactus (anzi, non sono cactus, sono cardones), e centinaia di animali che circolano liberamente nei campi ma anche sulle strade: le inevitabili vacche, pecore, capre, splendidi cavalli, e qualche sporadico lama. (la llama que llama, continuano a dire tutti, poi mi hanno spiegato che è il claim di una pubblicità di una compagnia telefonica).
Minuscoli paesini (due) attorno ad un lago artificiale. Uno è il luogo dove vanno tutti “los jovines” a campeggiare, El Mollar, ma non è stagione ed è quasi deserto, a parte un incomprensibile riserva con dei menhir dentro. L'altro è Tafì del Valle, celebrato paese di villeggiatura dove gli abitanti di Tucuman si rifugiano quando a valle fa troppo caldo (il nome viene dall'indio Taktillacta che significa “entrada esplendida”, e il nome è tutto un programma). Qui siamo quasi a 2000 metri e in effetti c'è una temperatura ideale.
Visitiamo un altro insediamento gesuita, uno dei meglio conservati, mangiamo e facciamo una passeggiata rigenerante.
Il borgo è davvero piccolo ma ci sono comunque turisti.
Poi ci inerpichiamo lungo una strada a tratti sterrata verso il passo dell'Infernillo, poco oltre i 3000 metri.
C'è un sacco di gente che si sposta ancora a cavallo, ma tantissimi percorrono le ripide strade a piedi, anche se si tratta di fare chilometri.
Questa è zona di indios, solo loro riescono ad adattarsi al clima che d'inverno (ma anche solo di notte) è molto rigido.

Salendo verso il passo, ci sono molte case abbandonate, perché sembra che un tempo si voleva sfruttare la fertilità del terreno con fattorie, ma poi molte sono rimaste disabitate. Anche per questo gli animali sono liberi di scorrazzare per i campi erbosi (e alle volte si spingono fin dentro i paesi a frugare nella spazzatura...).
Poco prima del passo, una delle tante scuole rurali di questa regione: sono strutture modeste ma dotate di tutto, in genere c'è un maestro e un direttore che insegnano secondo un metodo multi-livello, ovvero a bambini di età diversa nella stessa classe. Poiché è così difficile per i bambini arrivare e tornare da scuola, i bambini arrivano il lunedì e se ne vanno il venerdì, mangiando e dormendo nella scuola stessa.
Al passo ci attendono due lama (di cui un cucciolo!) e alcuni indios (che vivono di agricoltura e allevamento di sussistenza ma soprattutto di artigianato rivolto ai turisti di passaggio). L'incontro ravvicinato con il lama (pure se messo lì per i turisti, ma poi ne abbiamo visti di selvatici) è emozionante, soprattutto quando ho sentito la voce del piccolino, davvero simile a quella di un bambino che si lamenta!
Lassù, in alto, c'è un osservatorio astronomico, e quasi mi sarei voluto fermare lì per aspettare la notte: chissà cosa deve vedersì da lassù, dove i cieli sono perennemente limpidi e non ci sono luci di sorta...
Oltre il passo dell'Infernillo c'è la Valle Calchaquies, e ancora il paesaggio cambia completamente. Più che altro, cambiano i colori e la vegetazione.
Scendiamo in paesi che da lontano sembrano dimenticati da Dio e invece si presentano nonostante tutto vivi quando ci passi dentro. Tutto è così diverso che si rimane costantemente a bocca aperta davanti al finestrino.
Dopo un bel po' di percorrenza della mitica ruta 40 (presto un post a parte) arriviamo finalmente alle rovine di Quilmes, uno degli insediamenti indios più importanti di tutta l'Argentina.
L'aspetto generale è imponente, e ancora di più se si considera la storia di questo popolo e di questa città in particolare.
Gli indios quilmes, parte degli indios calchaquì della valle, occupavano questa città almeno dal IX secolo, e nel XVII la città aveva raggiunto i 3000 abitanti, proprio per la sua posizione strategica nella valle e per la sua facile difendibilità, arroccata com'è sul dorsale di una montagna che domina la valle.
Per questo e per il loro valore e capacità militare furono quelli che resistettero di più alla conquista spagnola, tanto che proprio per evitare qualsiasi futuro problema, dopo la conquista della città gli indios quilmes furono deportati in massa lontano dalla valle. Duecento famiglie finirono addirittura a Buenos Aires, un viaggio epico per l'epoca, condotto tutto a piedi. Si insediarono (quelli che sopravvissero) in un quartiere che poi è diventato il quartiere Quilmes della capitale.
Da questo gennaio un gruppo di indios originari di questa zona hanno praticamente occupato le rovine, chiudendo il piccolo centro di documentazione e l'assurdo albergo con piscina che avevano costruito accanto (per fortuna senza impattare troppo con il paesaggio), prendendo loro direttamente in gestione l'entrata e le visite guidate alla rovine.
Questo perché un antico accordo scritto tra la Spagna e l'Argentina prevedeva che queste terre dovessero tornare ai loro legittimi proprietari. Ma naturalmente non se ne è mai fatto niente.
Il racconto della guida che ci ha spiegato un po' come funzionava la città fortificata si è fatto davvero commovente quando ci ha spiegato questa storia, rivolta agli argentini che erano nel gruppo (“ci avete conquistato, ci avete evangelizzato, ci avete imposto lo spagnolo, che altro? non potete ridarci almeno queste terre dove non vive nessuno?”).
E sto parlando di una ragazza che è andata a fare l'università a Buenos Aires e poi è tornata a rivendicare i diritti del suo popolo.
A Quilmes ci sarei rimasto tutto il giorno e anche la notte (loro sono costretti a presidiare 24 ore su 24 per evitare che li facciano sgombrare), e invece purtroppo ho avuto solo il tempo di inerpicarmi sulle due fortezze in posizione panoramica, con gli altri che mi odiavano perché li stavo facendo aspettare.
Purtroppo non ci sono mezzi di trasporto dalle rovine e l'unico modo per rimanerci di più è venire con una macchina propria.
E prima o poi voglio farlo, deve essere spettacolare essere qui all'alba (ma che freddo che deve fare, però!) e al tramonto.
Certo sicuramente ci saranno posti più spettacolari in Perù, ma per uno che non ha mai visto Matchu Pitchu questo posto ha un aura magica non indifferente.
E poi finalmente qui nel Noroeste si sente il peso di una Storia più antica e più importante di quella degli ultimi cinque secoli del resto dell'Argentina.
Il ritorno, con noi tutti un po' cotti dal sole, dall'altitudine e dalla troppa bellezza, ci ha regalato anche un tramonto sulla valle di Tafì.
E ho dovuto anche fare i conti, unico neo della giornata, con la passione degli argentini per le barzellette e le freddure: la loro incapacità di stare in macchina senza la musica stavolta ha portato dentro al lettore cd un paio di spettacoli di diversi “cuntatori” argentini. Il primo aveva un accento fortissimo che a stento riuscivo a capirlo, il secondo si capiva ma non ero decisamente nello spirito del suo senso dell'umorismo come i miei compagni di viaggio...
E vabbé mica può essere tutto perfetto, no?

p.s. sono ancora tra Salta e Jujuy, non mi sposterei di qui per niente al mondo dopo essere stato sulla Puna, che è come dire il mondo come sarebbe se non ci fosse l'uomo... purtroppo forse ci sono problemi con il volo, domani riparto per altri 2 giorni con dei nuovi compagni di viaggio olandesi, ma stavolta in macchina per fortuna. Avrò notizie sabato, voi tifate perché mi facciano restare!

p.p.s.: non dico niente sul nuovo governo, visto come sono bravo? Però certo la Carfagna ministro... Neanche ai tempi "gloriosi" dei nani e delle ballerine di Craxi si era osato tanto...

2 commenti:

  1. Nani e ballerine si sono messi in proprio. Hanno rivendicato i propri diritti e si sono meancipati dalla schiavitù della politica.

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  2. A distanza di quasi tre anni ... grazie per questo piccolo viaggio nel Tucuman ...

    Ecco un altro racconto su quelle terre:

    http://www.youtube.com/watch?v=xm8l5eaAa50

    E sulla questione indios, consiglio questo incredibile film:

    http://www.youtube.com/watch?v=FaiuQX1epts

    Ciao!

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