Il giorno prima di partire fa a tutti gli effetti parte del viaggio.
E' sempre un giorno strano.
Sarà che la notte prima non si dorme mai. Per l'eccitazione, certo. Ma anche perché magari non si è ancora preparata la borsa, o mancano mille cose da fare per chiudere e sistemare la casa.
Non dovrebbe essere così, certo. Uno ci prova, a partire “preparato”. Ma la capacità di rimandare il rimandabile al giorno dopo è una condizione dello spirito, non dipende certo dal tempo a disposizione. Anzi, direi che è direttamente proporzionale al tempo a disposizione. E' come la storia della scrivania per uno disordinato: si pensa erroneamente che una scrivania più grande porti meno disordine, e invece è esattamente l'opposto, più spazio si ha e più possibilità si hanno per mettere disordine.
Quindi non me la prendo, so che se fossi partito un mese fa (come da progetto iniziale) o dieci giorni fa (come da compromesso onorevole) sarebbe stata la stessa cosa: avrei preparato lo zaino il giorno stesso della partenza, tra mille cose da sbrigare all'ultimo minuto, e non sarei partito “preparato”. Che in questo caso significava andare un po' avanti con lo spagnolo, leggere qualche libro in più di Soriano e di Borges, leggere prima di partire la mia fantastica guida letteraria di Buenos Aires.
Ma naturalmente niente di tutto questo.
D'altra parte è giusto farsi cogliere di sorpresa da una partenza, forse è la condizione migliore.
Devo aggiungere che deve avere un qualche valore simbolico ancora da approfondire partire il giorno dopo un matrimonio.
Quello di Diego e Gaia è stato il motivo per cui non sono partito dieci giorni fa, ed è stato come dovrebbero esserlo tutti, i matrimoni, una festa rilassata e echeggiante di risate con i parenti e gli amici più stretti, senza quegli inutili orpelli che stravolgono tutto e senza nessuna ansia da prestazione.
Complimenti a loro, è stato semplice, sentito e coinvolgente.
E comunque, ripeto, ci deve essere un significato nascosto, a partire così, dopo un matrimonio...
Per il resto, il commiato da questo paese agonizzante non è stato dei migliori. All'aeroporto per capire se dovevo dichiarare alla dogana le apparecchiature elettroniche mi hanno rimbalzato in 3 uffici diversi, dicendomi ovviamente cose diverse di volta in volta.
Lo steward di Aerolineas Argentinas, invece (pensavate che avrei viaggiato con Alitalia? siete pazzi? comunque, per la cronaca, le compagnie più convenienti per l'Argentina sono Air Europa e la compagnia di stato cilena, entrambe fanno scalo e Madrid) è stato gentilissimo e mi ha fortunosamente assegnato un posto diverso dal mio, quello quasi “vip” accanto all'uscita di sicurezza, con tanto spazio avanti... L'unico timore del mio primo volo intercontinentale erano proprio le 14 ore di costrizione delle mie lunghe gambe...
Una volta dentro, c'è già un poco di Argentina: sarà lo steward in maniche di camicia che ti invita a allacciare “el cinturòn”, manco fosse una sfida a duello tra gauchos?
Durante il volo, lo schermo che proietta informazioni ogni tanto scrive “Distancia al Destino”: solo uno dei buffi corti circuiti tra italiano e spagnolo o un altro segno di buon augurio?
Sullo schermo, la mappa del mondo che segue il volo dell'aereo è così grande che l'Italia praticamente non si distingue. Invece il Sudamerica è enorme e lunghissimo, e bisogna attraversarne ben più di metà per arrivare al “Destino”, appunto.
Dopo svariate puntate di “chiedilo al pilota”, rimpianta rubrica di internazionale, non mi chiedo neppure più perché il piano di volo sembra così irregolare: sempre quel piccolo problema della terra rotonda e della sua rappresentazione bidimensionale...
Il non luogo e il non tempo dello spostamento, comunque, possono diventare il luogo e il tempo dei fatidici buoni propositi.
Che naturalmente sono privati. Posso solo farne un riassunto per parole chiave: leggerezza, lentezza, stupore, sorpresa, apertura, apprendimento, esperienza, bellezza, istinto, incontro, liberazione.
L'ultimo dei buoni propositi è quello di togliere qualche ruga e qualche capello bianco. Sì, ho pensato che è come per le piante che stanno seccando: basta tagliare i rami morti, fare nuovo spazio alla luce, dare acqua quanto basta.
Ci vuol poco, in fondo, a tornare rigogliosi. Poi al tropico ci passerò, quindi...
Ultima cosa: perché questo blog.
Non lo so benissimo. Sarà che ogni volta che qualcuno è partito per un bel viaggio gli ho sempre proposto di farlo. O forse il vero motivo è un altro, se devo dar retta al potere dei giochi. Una volta ne ho fatto uno che, in una specie di gara a eliminazione, arrivava a definire i due aggettivi che meglio ti descrivono, o che in qualche modo ti sono più cari. I miei sono stati desiderio e condivisione.
Allora, se è il desiderio che mi sta portando in Argentina, nelle sue varie declinazioni di curiosità o sogno, è la volontà di voler condividere che mi spinge a scrivere su questo blog.
Spero non sia troppo faticoso seguirmi!
3 commenti:
...e non sai quanto ti ho pensato im tutte e 4 le mie tratte intercontinentali per quelle gambe troppo lunghe e quello spazio così troppo "corto" tra un sedile ed un altro...
e bravo...la fortuna ha fatto il check in con te in questo viaggio!!!
Ora che sei lì non è che puoi mettere una buona parola pure per me? Posso portare dei panzerottini.
Che tipo! Invece di andare a votare!
Simo
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