lunedì 28 aprile 2008

L'Italia che (non) c'è

La temporanea assenza da Buenos Aires questa settimana mi ha portato in due posti diversi.
Prima ho passato tre giorni a Mar del Plata, “la perla dell'Atlantico”, o se volete la Rimini dell'Argentina, il posto dove da Buenos Aires si va a passare le vacanze estive o qualche fine settimana lungo.
L'atmosfera era quella un po' malinconica dei posti di mare fuori stagione (qui è ottobre, anche se fa caldo lo stesso e c'era molta gente in spiaggia e alcuni anche in acqua), con molti stabilimenti chiusi, le lunghissime spiagge senza ombrelloni, il gigantesco casinò mezzo vuoto.
Le uniche differenze con la riviera romagnola: qui in bassa stagione rimangono comunque quelle 700.000 persone che abitano in città; e poi, quello che hai di fronte non è un mare ma è pur sempre un signor Oceano.
E poi naturalmente i vecchietti non giocano a bocce ma ad una variante locale con delle bocce che non rotolano ma rimangono ferme lì dove atterrano.
La tappa è stata proficua: innanzi tutto perché ho ripreso a respirare aria buona dopo l'inquinamento e il fumo di Buenos Aires. E poi perché ho trovato molte storie interessanti per il mio futuro documentario.
Anzi, l'accoglienza dei nuovi e vecchi migranti italiani è stata incredibile. Strano come tra italiani ci si sente parte di una comunità solo quando si è all'estero, e neanche sempre, e quasi mai in Italia.
Ho parlato (ascoltato in verità) per tre giorni dell'immagine che hanno qui del nostro paese, e poi anche nei tre giorni successivi durante i quali invece sono finito 500 km più a sud, a Bahia Blanca, inseguendo un'altra storia di emigrazione questa volta lucana.
(Bahia Blanca è quasi a metà Argentina: trovi autobus che ti portano 2000 chilometri più a nord come 2500 più a sud...)
Chi è partito negli anni '50 conserva dell'Italia quell'immagine lì, al massimo si ferma agli anni '60, con i divi del nostro cinema che arrivavano all'allora prestigioso festival del cinema di Mar del Plata. E' un'immagine di un'Italia che non c'è più, quella dei film di Tornatore, l'unica che non a caso all'estero continuano a voler vedere, che riconoscono. Ma chi riesce ad andare a vedere l'Italia, quella vera, alla fine torna comunque qui, perché non riconosce l'Italia che trova, e forse la ritrova più qui, dove se l'è costruita a immagine e somiglianza, e forse è alcune tradizioni sono rimaste meglio conservate qui che non nel nostro stesso paese.
C'è nostalgia per un paese che non esiste più. Oppure, nei giovani o meno giovani che sono arrivati negli ultimi anni, in questa sorta di nuova migrazione dalle caratteristiche totalmente differenti che sto cercando di capire e approfondire, c'è un rifiuto, più che una fuga, di tanti aspetti dell'Italia di oggi che non si ha più voglia di sopportare.
Comunque gran belle storie e gran belle persone, davvero. E ci si commuove a vedere e sentire storie così dure che ancora fanno scorrere qualche lacrima in volti induriti dal tempo e dalla fatica. Non ne posso parlare qui nel blog per ovvi motivi, ma conto di tornare presto in queste latitudini per raccontarle, le loro storie. (è una minaccia, ovviamente)
Invece, volevo condividere con voi una cosa. Proprio dopo questi giorni in cui parlavo continuamente dell'Italia, il caso ha voluto che ieri sera, tornato presto in albergo perché stanco dalle 7 ore di autobus con sveglia alle 4 e mezza della mattina, abbia acceso la tv e mi sia imbattuto in Raitalia (che sarebbe la vecchia rainternational). E in particolare in Saviano ospite da Santoro. Ho visto tutto Anno zero e mi è tornata un'angoscia che da quando sono in Argentina avevo dimenticato (e non solo perché sono in vacanza, questa tranquillità della vita e del modo di affrontarla è una delle motivazioni più comuni in chi ha scelto di venire qui: soprattutto, credo, l'assenza di paura).
Ad un certo punto quando sono andato in bagno ad incipriarmi il naso (ah no, quello lo dicono le signore, pardon) ho avuto un piccolo corto circuito e per un attimo ho pensato seriamente di trovarmi a Roma.
Non so cosa voglia dire, non ci provo nemmeno, a capirlo.
Solo, forse non ce lo meritiamo, tutto questo.
L'angoscia e la disperazione nelle quali viviamo immersi, senza nemmeno rendercene bene conto, salvo poi per qualche fortuito motivo guardarci da fuori e stupirci, molto banalmente, di come facciamo nonostante tutto a respirare.

p.s. sono riuscito a spedire questo post mentre sono appena arrivato a Cordoba, a nord-ovest di Buenos Aires e 950 km più a nord di Bahia Blanca. Presto vi farò sapere come va qui...

1 commento:

  1. ogni volta che leggo quello che scrivi rimango a bocca aperta,mi lasci sempre senza parole.....mi sembra di esser li con te!!!comunque non vedo l'ora che ritorni qui a roma...un bacione forte la tua cuginetta!!!stefy

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