Mi sembrava giusto salutare Buenos Aires in una milonga, promessa di un aspetto della città che ho solo sfiorato, per riservarlo come tutto da scoprire la prossima volta che questi luoghi mi ospiteranno.
Mi sembrava anche qualcosa più di una coincidenza che proprio la mia ultima sera cominciasse il Campionato di tango metropolitano, un mese di appuntamenti nelle migliori milonghe della città prima delle semifinali e della grande finale di luglio. E' qualcosa di diverso dal gran festival del tango che si tiene ad agosto, questa è una manifestazione più piccola, rivolta più che altro ai portegni, che gira le milonghe più piccole e tradizionali, più che i grandi locali eleganti.
La milonga di oggi, poi, avevo letto che era una di quelle più autentiche e anche una delle poche aperte il pomeriggio (il tango è un affare notturno, e infatti in molte altre milonghe del campionato si comincia a mezzanotte...). Naturalmente quest'ultimo fattore ha reso El Arranque una milonga molto frequentata da ballerini anziani, ma questo la rende ancora più attraente e malinconica, se è possibile che una milonga sia più malinconica di un'altra.
Appena entrato, dunque, inforco i miei occhiali da antropologo e, dopo essermi guadagnato un posto in seconda fila (arrivando un'ora prima...), osservo tutto con gran fame di capire i misteri di questi luoghi.
Bazar de los abrazos è, oltre a una splendida definizione della milonga, il titolo di un libro che erano due o tre anni che aspettavo di leggere, da quando avevo letto un articolo di Repubblica sul tango a Buenos Aires. Lo trovate qui (comincia in prima pagina e continua a pag.2), ve lo consiglio più che caldamente, tra l'altro contiene un passaggio bellissimo, questo:
Ora che sono a loro volta “intrappolati” in antiche note, i giovani rammentano quel che dicevano i vecchi quando anche in Argentina il rock sembrava la risposta ad ogni domanda: “Il tango ti aspetta, non ha fretta. Puoi incontrarlo e non riconoscerlo, tanto prima o poi gli cadi tra le braccia".
Dopo due mesi di attenta perlustrazione delle librerie di mezza Argentina (devo dire che esplorare le librerie argentine è comunque un grande piacere) alla fine ho trovato il libro tre giorni fa. E' scritto da una psicologa (ma guarda un po'!?) che quindi guarda alla milonga e ai suoi abitanti con uno sguardo attento e complice. La milonga la definisce “sala de guardia permanente para los enfermos de tango, de vida, de encuentro, de suenos”.
E' difficile carpirne i segreti, leggere i codici misteriosi nascosti in gesti e sguardi appena accennati, capire banalmente come fanno qualche decine di coppie vicinissime tra loro a danzare questa danza a occhi chiusi senza mai scontrarsi tra loro, quasi che ci fosse un magnetismo che li avverte dello spazio disponibile attorno, sembra un gioco a incastri dove si libera uno spazio e immediatamente viene occupato, e tutti girano in tondo, ma non a caso in senso antiorario, come se si andasse contro il tempo, e in effetti un po' è così, il tempo non solo è sospeso ma scorre indietro, per la durata dei tre o quattro tanghi che una coppia balla insieme, prima di sciogliere l'abbraccio e forse non rivedersi mai più.
Animal de dos cabezas, un sol cuerpo y cuatro patas. Ser mitologico mitad hombre y mitad mujer. Monstruo de piel morena con piel clara, piernas vestidas y desnudas, brazos fuertes y brazos fragiles.
E' incredibile osservare come tutto cambia non appena parte la musica, dopo la canzone di “alleggerimento” che non si balla, che non è un tango e serve solo a far sciogliere le coppie, per poi ricomporle sempre diverse. Guardi due volti che fino ad un secondo prima magari si stanno scambiando una battuta, stanno ridendo, e poi, un attimo dopo, un abbraccio lento e intenso come se fosse l'ultimo, e il volto di lei diventa quello dell'abbandono, a occhi chiusi, mentre lui, sguardo fisso a terra, un po' obliquo, o occhi chiusi anche lui, si fa venire quella che non posso che definire come la “ruga del tanguero”, aggrotta la fronte e la sua espressione diventa grave e triste, malinconica e un po' disperata. Come se scattasse qualcosa, un meccanismo interno, misterioso, che ti permette di ballare solo se entri in quello stato d'animo, che è quello dei testi dei tanghi dopotutto.
Bisogna stare attenti, con il tango, andarci piano perché è una droga fortissima, se ti prende non ti lascia più, sei perduto per sempre. Bisogna prenderlo a piccole dosi e essere coscienti, quando si comincia a ballarlo, che non si sarà in grado di controllarlo, indipendentemente dalla propria forza di volontà.
Per la cronaca, la mia coppia preferita (che, lo ammetto, era preferita anche perché la ragazza era di una bellezza straordinaria - ma poi chissà, magari era solo il vestito, o l'eleganza e la sensualità dei suoi movimenti), non è passata, né con il voto della giuria né con il voto del pubblico.
Erano un po' delusi, ma sono giovani e ballano molto bene, avranno tempo di rifarsi...
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