venerdì 2 maggio 2008

Il piacere del caffè

Un bar, lo sanno tutti, è in genere il rimedio migliore per i momenti di temporanea sospensione della realtà o altre forme di follia.
Humberto Costantini

Una delle cose belle di Buenos Aires sono i caffè, una vera e propria istituzione della città. Ce ne sono di storici e ipermoderni, di “pezzi unici” e di catene, ma in ogni caso, come si vuole in quella che molti hanno definito “la Parigi del Sudamerica”, la tradizione dei caffè è molto viva.
Sono molto frequentati e ci si va per starci sempre tanto tempo, per leggere, studiare, lavorare, chiaccherare, incontrarsi.
Ernesto Sabato, tra gli altri, ha esaltato il ruolo dei caffè come crocevia di persone e storie, facendo dell'incontro casuale in questi locali una delle caratteristiche della città.
Anche se, ho scoperto, fino agli anni '60 i caffè erano riservati solo agli uomini. Per non parlare delle tertulias (circoli) di derivazione spagnola, dove gli uomini bevevano, giocavano a carte e facevano conversazioni a sfondo letterario.
Io ne ho visti un po' e di tipi molto diversi, soprattutto grazie a Gabriela ma anche per una mia naturale predisposizione... (l'ozio, si sa, è il padre dei vizi, ma forse non tutti sanno che è anche mio zio...)
Vi racconto quelli che mi sono piaciuti di più, anche se mi mancano ancora un paio di quelli storici.
De “El gato negro” vi ho già parlato. Uno dei miei preferiti è “Clasica y moderna”, che in teoria dovrebbe essere una libreria (e infatti il cartello fuori dice "libros") ma in realtà in caffè è grande tre volte la libreria... l'atmosfera è molto intima, tutto in legno, la sera alle 23 ci fanno concertini, si può anche pranzare, e ci rimarresti semplicemente tutto il giorno. (nel link trovate anche le foto)
Assolutamente stupefacente è il caffè della libreria “El Ateneo”, che è una delle migliori catene. La sede chiamata Grand Splendid è ricavata da un vecchio teatro barocco (immaginatevi una cosa tipo l'Argentina di Roma) trasformato in libreria. Ci sono addirittura un paio di palchi dove hanno conservato le sedie del teatro, e ti puoi mettere lì a leggere i libri. Sul palco (che ha ancora il pavimento di legno, il sipario e vecchi cimeli tipo il comando per le luci di scena) hanno allestito questo splendido (è il caso di dire, visto il nome) caffè. Ci si sente quasi in soggezione, come a violare uno spazio sacro, ma poi la bellezza del posto ha la meglio. Il giornale inglese The Guardian ha messo la libreria tre le prime cinque più belle al mondo. Non so se è vero, ma certo una volta almeno bisogna venirci.
Gabriela mi ha portato anche in un paio di caffè di alberghi storici della capitale, quelli dove ti senti a disagio se non hai come minimo lo smoking, ma quello che mi ha lasciato decisamente di stucco è stato il caffè dell'albergo Faena, creazione recente di Philippe Starck.
Tutto in questo albergo è surreale, a partire dal lunghissimo corridoio d'entrata con panneggi laterali che sembra di stare in un film di Lynch... (Paolo lo devi vedere!!) tutte le sale sono un incrocio volutamente al limite tra lusso, kitsch, modernità e genialità. C'è una sala per gli aperitivi che probabilmente avrete già visto su svariate riviste, ma anche la sala da pranzo e il caffè non sono niente male. Per non parlare dell'infinity pool. E in effetti sembra di stare dentro una rivista di design, ti sembra quasi di vederti uscire dalla pagina di carta lucida. Ma senza sentirti in punta di piedi. A parte quando entri in bagno, che non sai bene nemmeno da che parte cominciare e poi soprattutto ti dispiace sporcare!
Le cose incredibili sono due: che niente è davvero caro, nemmeno il ristorante (l'albergo sì, ma ci sono cose incredibili nella camere, date un'occhiata al sito da cui ho preso anche le foto) e che il tutto è ricavato da una ex fabbrica di mattoni rossi, che hanno lasciato talmente intatta da fuori che mai e poi mai immagineresti quello che c'è dentro.
Non so cosa ne pensano gli operai che ci hanno lavorato dentro tutta la vita, ma questo è il primo albergo di questi di extralusso nel quale, se un giorno volessi fare una pazzia, davvero mi piacerebbe passarci una notte o due.
Un giro sul sito è caldamente consigliato, anzi è quasi obbligatorio.
Bene, vi farò un aggiornamento con i caffè storici quando tornerò a Buenos Aires.
Intanto vi lascio con questa testimonianza di Luisa Venezuela, che spiega come è nato il suo romanzo satirico Aquí pasan cosas raras, scritto nel 1979 (secondo la leggenda, su tovagliolini di carta):
Buenos Aires era ostaggio allora della violenza e del terrorismo di stato, e io non potevo fare altro che sedere al caffè e rimuginare. Finché decisi che si poteva scrivere un libro di racconti in un mese, sedendo a quello stesso tavolino, ascoltando di nascosto scampoli di conversazioni cariche di paura, da cui traboccava la paranoia generale.

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