Allora, ho capito una cosa.
Non riesco a raccontarvi le mie giornate.
Come succede sempre quando si sta viaggiando (e non in un solo piano spazio-temporale) l'intensità è tale che bisognerebbe avere un tempo uguale a quello che si ha la pretesa di raccontare, per dire tutto.
Allora ho deciso di lasciar perdere l'idea di star dietro alle giornate (sono già indietro di quasi una settimana!) per essere forse più fedele all'idea di blog e scrivere post più sintetici (ci provo, almeno, poi non è per niente detto che ci riesca...).
E un po' per rispondere a sollecitazioni arrivate da più parti, un po' per consolarci del disastro che ci è toccato in sorte, ho scelto come primo argomento la cucina (anche perché dopo dieci giorni un'idea me la sono fatta).
Non c'è bisogno di dire che questo è solo il capitolo 1 di “n” su un argomento tanto importante...

Allora, innanzi tutto i pasti. La colazione non ha un orario particolare, in generale è piuttosto simile alla nostra, salvo che qua non esiste che prendano il caffé al banco (anzi direi che è quasi impossibile farlo anche volendolo intensamente) e al posto dei cornetti hanno delle
medialunas dolci ma più spesso salate (e infatti o prendono quelle oppure
tostadas, che sono tipo grossi tramezzini tostati).
Ma ci sono anche svariate altre cose dolci tra cui gli
alfahores di cui però parlero dopo. Io però non faccio spesso colazione e quindi su questo sono poco preparato...
devo dire comunque che in generale il caffé non è orribile. Voglio dire, scordatevi l'espresso, ma qualcosa di simile al cappuccino si trova e ho provato decisamente di peggio, fuori dall'Italia.
(non c'entra nulla con l'argentina ma per chi non l'avesse ancora visto – impossibile! - guadatevi il corto di Bozzetto
Europe & Italy, l'idea più bella è proprio quella sul caffé italiano)
Pranzo. Diciamo che se pranzi all'una sei praticamente da solo (e anzi sei già fortunato se il posto è aperto, ma giusto per i turisti). Da quello che ho capito negozi e credo anche uffici fanno pausa alle 14, e da quell'ora i locali cominciano a riempirsi, con l'ora di punta verso le 15. Ci sono dei menu per il pranzo che sono davvero estremamente convenienti, anche in ristoranti di livello medio-alto (un po' come in fanno in Spagna), diciamo che mediamente i menu a pranzo vanno dai 15 pesos ai 30 (dai 3 ai 5 euro) per un piatto unico molto ricco (anche il bisteccone con contorno se volete), da bere, dolce o frutta e caffé. Insomma è difficile rinunciarci, ma è anche vero che esistono dei posti dove invece prendi panini, torte rustiche o pizza che sono davvero molto invitanti (le torte rustiche in particolare sono spettacolari). Moltissimi locali ti danno piatti anche elaborati
para llevar, così puoi andare a mangiare al parco (e molti lo fanno).
Cena. Stesso discorso, alle 20 non c'è nessuno, dalle 21 comincia ad arrivare qualcuno, l'ora di punta sono circa le 23, però ci sono molti posti che ti fanno da mangiare fino all'una, alcuni hanno la cucina aperta fino alle tre.
I prezzi aumentano un po', ma mediamente si spendono tra i 25 e i 40 pesos (5 e 8 euro) in ristoranti di livello medio o medio alto, compreso il vino. In quello più caro dove sono stato, la sera delle elezioni per consolarmi, anche un po' turistico, in pienissimo centro, ho speso 70 pesos (14 euro) ma c'era perfino il suonatore di bandoneon...

Per adesso le cose che mi sono piaciute di più, oltre alle altissime
tartas (le torte rustiche di tantissimi tipi), ci sono le
empanadas, che qui sono considerati quasi una tradizione, pur se importate dalla spagna (sono una cosa a metà strada tra un calzone e un panzerotto, di solito ripieni di carne o prosciutto e formaggio o verdure, ma ce ne sono di diversi tipi), e naturalmente l'onnipresente carne.
C'è carne ovunque, a qualunque ora del giorno e della notte e in qualsiasi forma. E' impossibile sfuggirle. Solo per orientarsi tra i vari tagli che propongono ci si mette un bel po' (io poi non conosco i nomi dei tagli in italiano, figuriamoci in spagnolo...).
Asados e
parrillas ti circondano e alla fine, invariabilmente, ti vincono.

E' il paradiso dei carnivori e ovviamente l'inferno dei vegetariani. Devo ancora andare nei posti consigliati, ma non sono sfuggito all'inevitabile
bife de chorizo, che è ottimo e tenero come te lo aspetti, anche se sono convinto che ci saranno ampi margini di miglioramento, nei prossimi giorni. Non mancherò di aggiornarvi...
Altra tradizione sono i
tenedor libre. Ovvero paghi sui 20-30 pesos (4-5 euro) e mangi a volontà. Alcuni sono tipo un break o altri similari in italia (salvo che lì costano uno sproposito), altri sono veri e propri ristoranti con buffet infiniti di qualunque genere di alimenti, compresa l'imprescindibile carnazza che vi cucinano espressa alla griglia. Ne ho provato uno, che dicono sia il migliore, "Grant's", e devo dire che ne sono uscito annichilito. In genere queste cose mi esaltano (paolo & simo ricordate quello di rodi?) ma qui c'è da perdere la testa. Un'offerta prodigiosa di cibo che ti disorienta. Bisognerebbe fare una spedizione con i cugini baresi per far loro pagare l'insano gesto provocatorio...
Capitolo pizza. Ebbene sì, non ho avuto il coraggio di provare la pasta (che pure dicono che non sia pessima, con tutti gli italiani che ci sono) ma la pizza sì, perché era invitante e perché nascondo sempre in fondo al cuore l'idea della stesura della Guida Definitiva Nonché Universale della Pizza, divisa per continenti/stati/regioni/province/città/quartieri/strade/sottoscala.
Ebbene, qui lo dico e qui lo nego, ma la pizza argentina non è poi così male. La fanno sia alta tipo focaccia pugliese che più bassa tipo napoletana. Certo poi il condimento può lasciare a desiderare. La prima volta sono andato sul sicuro ma mi chiedevo cosa fosse questa pizza dal nome fantastico, fugazzetta.
Naturalmente non c'era sul vocabolario. Lo scopro a mie spese la seconda volta: un po' di pasta di pizza e una quantità abominevole di cipolla. La fugazzetta è evidentemente quella che sono pronti a fare i tuoi compagni di tavolo...

Dei caffé parlerò a parte perché c'è un discorso lungo da fare. Invece voglio dirvi dei dolci. Io generalmente non li provo, non ne sono un fan (per usare un eufemismo), ma sapevo di dover provare gli
alfahores (suggerimento di Roberto L.). E in effetti... grande scoperta! Come definirli? Non lo so, non ci provo neanche, sono i biscotti argentini per eccellenza, hanno diversi tipi ma quello più diffuso ha come ripieno il
dulce de leche (altra tradizione culinaria). Strepitosi. Penso a come raccontarveli e vi faccio sapere. Oppure ve ne porto un container direttamente.
Menzione speciale per i gelati. Anche qui, avevo letto che la tradizione italiana del gelato era stata importata con successo, e in effetti non sono niente male.
Comunque il posto più bello dove sono stato è un'antica trattoria, si chiama
El Sanjuanino, e ha una sede principale e due filiali. Il posto è divertente, con pochissimi tavoli approssivamente apparecchiati, pur trovandosi, quello storico almeno, nell'esclusivo quartiere di Recoleta (come a dire Parioli a Roma, più o meno), uno dei tre quartieri “bene” della capitale.
L'atmosfera è davvero quella da trattoria, con i camerieri sempre pronti alla battuta, un po' come, per chi lo conosce (e chi non lo conosce?) la trattoria "da Enzo" a Roma. Qua ti fanno anche piatti espressi da portar via, perché c'è il bellissimo parco della Recoleta a due passi. E sono specializzati in
empanadas e
locro (altro piatto tradizionale che però non ho ancora provato).
Pranzo completo vino incluso sui 35 pesos ( 7 euro, vino e acqua compresa).
Infine (per questa prima panoramica) capitolo vino. Ottimo: ne ho assaggiate 3 o 4 marche diverse e mi è piaciuto moltissimo. Soprattutto sirah e cabernet.
Vi lascio con le frasi scritte sulle tovagliette di carta del Sanjuanino, scritte da altri avventori del passato:
“Si bebes moriras, y si no bebes moriras igual, bebed, bebed!”
“Si los amantes del vino y del amor van al infierno, el paraiso debe estar vacio”
“Empanadas calientes che quedan los dientes”
“Si el mar fuera vino, todo el mundo seria marino”
“Comer es un acto Biològico, comer en El Sanjunino es un acto cultural”
“U.T.T.: Uniòn Tomadores de Tinto”

Non è finita. Aggiungo quello che è successo stasera.
Ho perso l'ennesima cena organizzata dal festival (dopo la
noche alemana e quella
francesa, e l'aperitivo del cinema d'europa) perché mi ero fermato a bere e chiaccherare con i ragazzi dell'ufficio stampa. Esco verso le 23 con l'idea di farmi una passeggiata, e la città invece è invasa dal fumo. Scenari alla blade runner, mi immagino che pechino sia così tutti i giorni. Non si respira bene, bruciano gli occhi e la gola. Mi hanno spiegato poi che sono stati degli incendi di isole sul Rio della Plata, e il vento che ha portato il fumo in città. Faccio quella decina di isolati poi vedo uno dei ristoranti consigliati (non ricordo più da chi) e decido inopinatamente di entrare.
E qui il tono si fa più epico, perché quello che comincia tra me e "Pippo" (sì, il locale si chiama così) non è un semplice incontro, ma è una battaglia.
Tantissimi tavoli, tovaglie di carta, un sacco di gente (è pur sempre l'ora di punta per la cena, dopo le 23...). Mi siedo, leggo il menu con i suoi combo, accarezzo con lo sguardo un altro
bife de chorizo e penso ma no, dai, solo un piatto non troppo impegnativo. C'è un
tira de asado speciale chiamato Pippo, dico ok, sarà una specialità della casa e prendo quello, senza sapere, senza sospettare.
Mi portano il classico panetto di burro come antipasto (è una usanza assurda che hanno anche in spagna, ma ti pare che uno mangia pane e burro di antipasto?), il vino e l'acqua, e poi aspetto.
Quello che aspetto è un po' di buona carne con il contorno di puré misto che ho chiesto (qua hanno una quantità spropositata di tipi di puré, non solo di patate). Non immagino neanche lontanamente quello che sta per succedere.

Arriva, infine, il mio
tira de asado.
Io lo guardo, e capisco: è la fine.
Quello che inizia tra me e l'
asado non è un semplice incontro, è un duello epico, all'ultimo sangue (è proprio il caso di dirlo).
Perché la carne che mi hanno portato è quanto di più simile mi sia capitato in vita mia al cinghiale di Obelix: una quantità spropositata, assurda, al di là di ogni umana possibilità di immaginazione.
Praticamente un'animale intero.
Proprio io che per anni non ho mangiato pesce che aveva la forma di pesce (e un po' cosiddetti amici hanno tramandato questa leggenda per generazioni...) perché mi faceva impressione, ora mi trovavo davanti praticamente una vacca intera.
Bene, mi sono detto, siamo io e te, ora. Uno dei due non sopravviverà all'incontro, e spero di non essere io.
Ora, chi mi conosce sa che non mi tiro indietro di fronte a niente, almeno a tavola, e che mi dà talmente fastidio lasciare cose nel piatto che (ovviamente contro la mia volontà) finisco anche i piatti delle persone che mangiano con me.
Ma stavolta la lotta era impari, la sfida impossibile, inumana.
E infatti, e dicendo questo so che molti di voi, irrimediabilmente delusi, cesseranno di leggere questo blog e di sostenere di conoscermi, l'asado mi vinse.
Arrivai agli ultimi bocconi, ma alfine capitolai.
Fu la fine, una lunga carriera di mangiatore senza macchia e senza paura.
Niente, tutto finito.
Sconfitta, tremenda sconfitta.
Me ne andrò vagabondando in esilio per il sudamerica a espiare le mie colpe.
Adiòs.
p.s. (c'è sempre, un p.s.): mentre scrivo le ultime righe sono nel salone dell'ostello davanti a un finto camino – che però fa il rumore di un camino vero! - e un paio di ragazzi stanno guardando la tv. Se non avete mai visto i simpson in spagnolo, non sapete cosa significano le parole assurdo e ridicolo... Doh!